I supernonni hanno cervello privo di segni di invecchiamento
Si trovano nel cervello dei ”nonni” dalla memoria super – ovvero anziani ‘superdotati’, che hanno capacità di memoria del tutto assimilabili a quelle di un ventenne – le chiavi per invecchiare mantenendo il cervello giovane.
Infatti scienziati del prestigioso Massachusetts General Hospital di Boston, osservando le immagini di risonanza magnetica del cervello di questi ‘superanziani’, hanno scoperto che i nonnini mantengono sia strutturalmente sia funzionalmente un cervello giovane, che non mostra, cioè, i normali segni di invecchiamento ben visibili nel cervello della gran parte delle persone dai 50 anni in su.
Il loro studio è stato pubblicato sul Journal of Neuroscience e secondo gli scienziati Usa getta le basi per capire i processi che portano alla demenza e comprendere come evitarli.
E’ fisiologico che già dopo i 50 anni il cervello inizi a invecchiare con chiari segni di riduzione di volume, specie in aree strategiche per apprendimento e memoria, come l’ippocampo.
Gli esperti hanno studiato il cervello di 40 anziani di 60-70 anni – tra cui 17 anziani dalla memoria ancora agile come quella di un giovane – e 40 giovani di 18-32 anni. Hanno scoperto che i super-anziani non mostrano alcun segno di invecchiamento nelle aree del cervello cruciali per apprendimento e memoria. E non è tutto, hanno visto che lo spessore del cervello in queste aree è direttamente correlato alle abilità mnemoniche dei super-vecchietti. Quindi più questi hanno una memoria scattante, più è ampio il volume del loro cervello.
Capire come fanno questi anziani a mantenere un cervello giovane e scattante, decifrare se la loro sia una dote innata o se, invece, sia il loro stile di vita ad averli protetti dal peso del tempo – concludono gli esperti Usa diretti da Brad Dickenson – darà le chiavi per capire come prevenire la perdita di memoria e la demenza
7 neonati su 100 esposti agli alcolici già in utero
Che l’alcol in gravidanza faccia male al feto è cosa nota. Eppure molte donne, anche quando sanno di essere incinte, non smettono di bere, in particolare quando la gestazione non è programmata. In Italia è poco più del 50% il numero delle future mamme che bevono almeno due bicchieri di alcol durante la gravidanza mentre in Europa si oscilla dal 6% della Svezia all’82% dell’Irlanda. A evidenziarlo è l’Istituto superiore di Sanità (Iss), in occasione della Giornata mondiale di sensibilizzazione sulla Sindrome feto-alcolica.
”Le nostre stime ci dicono che in Italia il 50-60% delle donne in gravidanza – spiega Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio nazionale alcol dell’Iss – continuano a bere, mantenendo le abitudini che avevano in precedenza”. Poiché l’età media in cui le donne affrontano una gravidanza in Italia ”è tra i 30 e 35 anni – continua – abbiamo ricavato, sulla base dei tassi di consumi alcolici in quella fascia, che non bevono meno di due bicchieri, il doppio cioè di quello che dovrebbero evitare”. E il risultato è che, secondo le stime, 7 neonati su 100 subiscono l’esposizione all’alcol nel grembo materno. Purtroppo però gli effetti sul bambino, una volta nato, non si vedono subito, ma più avanti nell’età evolutiva, ”quando iniziano ad apparire evidenti – prosegue Scafato – alterazioni delle capacità cognitive e disturbi nella crescita. I genitori vedono che in attività normali i figli non sono reattivi come dovrebbero”. L’alcol in gravidanza va evitato, e se si programma di rimanere incinta, anche nella fase del concepimento. Gli organi vitali, come il cuore e il cervello infatti, si formano nei primi 10-15 giorni dal concepimento, quando ancora non si sa di essere incinta. ”L’alcol arriva direttamente nel cervello della madre e del feto – conclude – dove distrugge i neuroni ancora prima che si sviluppino”.(ANSA)