Giornata nazionale Parkinson, è possibile la prevenzione?
Il 25 novembre è stata la “Giornata” dedicata al Parkinson, alla ricerca delle sue cause e dei fattori protettivi. Oggi in Italia si contano circa 300.000 persone con la malattia di Parkinson, nei prossimi 15 anni questo numero è destinato a raddoppiare al ritmo di circa 6.000 nuovi casi l’anno, di cui la metà ancora in età lavorativa.
Tante le iniziative messe in campo per l’occa-sione. Se ne ricordano due:
“Annunciamo l’avvio del primo studio italiano multicentrico osservazionale per la valutazione dei fattori di rischio e dei fattori protettivi della malattia di Parkinson – ha dichiarato Alfredo Berardelli, Presidente Fondazione LIMPE per il Parkinson Onlus – Dip.to Neurologia e Psichiatria, Sapienza Università di Roma, Policlinico Umberto I. È probabile che diversi fattori differenti lavorino insieme per creare i cambiamenti cerebrali responsabili della malattia ma non era mai stato fatto uno studio volto a individuare le possibili associazioni tra i diversi fattori che possono influenzare la malattia e valutare l’associazione tra fattori di rischio e fattori di protezione per verificare la possibilità di prevenire il Parkinson o rallentarne la progressione”.
“Quando parliamo di Parkinson non pensiamo più al solo tremore, ma sappiamo che dobbiamo pensare a un’intera vita che cambia e a un contesto familiare e sociale, basti pensare che in un caso su cinque i sintomi i-niziali compaiono prima dei 50 anni”, ha dichiarato Pietro Cortelli, Presidente Accademia LIMPE-DISMOV, Uni-versità di Bologna – DIBINEM Ospedale Bellaria.“Intendiamo premiare le idee e i progetti del mondo dell’as-sociazionismo e del No Profit che si impegna ogni giorno per migliorare la qualità di vita delle persone con Parkinson e di chi se ne prende cura. Sosterremo le migliori iniziative a supporto dei processi sociali e culturali che aiutano a rimanere membri attivi della società e favoriscono lo sviluppo delle capacità di socializzazione”
Buono come il pane, oppure no?
Da cosa dipendono le caratteristiche fisiche, chi-miche ed organolettiche del pane ? Quali fattori influenzano la nostra percezione di consumatori ? Il pane prodotto con grani antichi è veramente più buono e più salubre di quello prodotto con grani moderni?
Un team di ricercatori del CREA, del centro di Ce-realicoltura e Colture industriali, ha studiato l’in-terazione fra 4 importanti fattori della panifica-zione (genotipo di frumento, tecnica di macinazione, agente lievitante e tipo di cottura) e le proprietà chimiche, fisiche e organolettiche del pane, precisandone il ruolo nel determinare sapore ed odore. E’ emerso che ciò che influenza in maniera decisiva il prodotto finale è il tipo di macinazione (pietra piuttosto che cilindri), seguita dagli altri fattori (varietà impiegata, tipo di lievitazione, cottura). Contrariamente a quanto comunemente si pensa, il genotipo grano antico o grano moderno risulta apprezzabile solo nel determinare l’aspetto e la consistenza della crosta e della mollica. L’agente lievitante (lievito di birra o pasta madre) ha effetto principale sull’alveolatura ed odore, mentre la cottura (forno a legna o a gas) ha un ruolo marginale. Sono quindi le tecniche di lavorazione della granella e degli impasti a rendere il pane veramente profumato e gustoso.
Pertanto lo studio CREA, pubblicato sui Scientific Report di Nature, destituisce di fondamento la convinzione che il pane di grani antichi, rispetto a quello di grani moderni, abbia un sapore o un odore migliore.