SAN MARTINO ai Bianchi
La Chiesa “San Martino di Tours, Vescovo”, sede dell’Arciconfraternita dei Bianchi, è filiale della nostra Cattedrale e fa parte del Primo Vicariato Urbano. Rientra nella nostra rubrica mensile “Vediamo un po’ ”, anche questa, quale rinnovata speranza di poterla vedere aperta al Culto. La causa di tale mancata riapertura sta nelle continue infiltrazioni d’acqua e dunque per i necessari lavori sul tetto -già avviati alcuni anni addietro- e ancora non del tutto conclusi. La sua attuale fabbrica, sull’antica strada Del Corso o Reale, oggi Via Vittorio Emanuele, risale a dopo il terremoto del 1693. Mentre la precedente, intitolata a Santa Caterina d’Alessandria, la cui dedicazione risalirebbe al 17 Agosto 1126, ad opera del Vescovo abate -conte Maurizio di Catania- sarebbe stata edificata sui ruderi romani –del cosiddetto- arco del console Marcello.
La Nobile Arciconfraternita del Santissimo Crocifisso dei Bianchi, si trasferì in tale Chiesa nel 1610, poiché venne abbattuto l’Oratorio di San Martino, fondato nel 1570, che si trovava in Piazza Duomo, dove c’è in atto Palazzo De’ Chierici, espropriata dal vescovo Bonaventura Secusio, che la assegnò lo stesso giorno alla Confraternita dei Bianchi. La Chiesa, successivamente, venne ricostruita sullo stesso sito, su progetto di Stefano Ittar, con prospetto concavo al centro e convesso ai lati. Originale la musicalità cromatica creata dall’alternanza delle fasce di marmo di Taormina -rosso tenue e più acceso-. Sulla cancellata le insegne iconografiche di San Martino. Nel 1610, dunque, la Compagnia dei Bianchi ne aveva fissato la propria sede in S.Martino, che venne eletto Patrono del pio sodalizio nobiliare.
Alla Confraternita, che aveva il compito di assistere i condannati a morte, potevano accedere soltanto i rappresentanti della “mastra nobile”, ovvero i signori che governavano la città. I Bianchi, chiamati così per via del saio bianco che indossavano, furono presenti nella nostra città sotto l’episcopato di Antonio Faraone ed adottarono il motto latino: “ Deabalbuntur in sanguine Agni”- tratto dall’Apocalisse- che si legge nel cartiglio, nella chiave dell’arco, ovvero: “Saremo purificati nel sangue dell’Agnello “. La Chiesa ospita la delegazione cittadina dei Cavalieri del Sovrano Ordine di Malta ( o Ordine Militare e Ospitaliero di San Giovanni di Gerusalemme- SMOM-).
Ad unica navata l’oratorio, nelle cui panchine siedono, secondo un preciso ordine, i confrati ed i novizi da un lato e le dame e le oblate dall’altro. Il Governatore pro-tempore siede al centro- tra il primo ed il secondo assistente. Le Casate che facevano parte della Confraternita prima del grande terremoto erano circa 60, oggi ne rimangono solo 17,perché molte scomparse sotto le rovine. Alcuni anni addietro e per diversi anni la Confraternita ha sentito la responsabilità di riaprire questa sede, per assistere le famiglie ed i ragazzi del quartiere- attraverso la distribuzione di derrate alimentari, in convenzione con il Banco Alimentare e la loro tutela sanitaria, in collaborazione con il CISOM, Corpo Italiano Soccorso Ordine di Malta, Cliniche e Professionisti del Settore, previa schedatura degli abbienti aventi diritto. Lo facevamo ogni Sabato, subito dopo il pranzo,con molta discrezione e grazie al minore traffico di auto in circolazione,con i confrati,amici e volontari, sotto le direttive del precedente Governatore Marchese Michele Gravina e quindi con l’attuale, Barone Raffaele Zappalà . La caritatevole attività, che sentivamo come obbligo e devozione noi tutti, per i motivi esposti in alto, in premessa, venne momentaneamente sospesa ed in atto si attende il giusto ripristino per i bisogni del circondario.
All’esterno due lesène di marmo bianco affiancano due finestre rettangolari. Al centro è posto un nicchione vuoto e chiuso da due colonnine e da una balaustrata. Il vestibolo, molto elegante, è impreziosito da un pianerottolo e da un doppio scalone di marmo rosso. Sulle pareti sono affisse alcune tele raffiguranti i Governatori dell’Arciconfraternita, alcuni dei quali sono dovuti alla maestria del pittore catanese Alessandro Abate. All’interno,lungo le pareti, senza dipinti, sono poste due file di panche e sotto i finestroni si alternano otto bassorilievi, entro cornicioni grigio-oro raffiguranti: la Pace, la Temperanza, la Speranza e la Fede a destra; mentre a sinistra si notano la Carità, la Giustizia, la Fortezza e la Misericordia. Un piccolo altarino in marmo ospita il simulacro, grazioso, della Vergine Addolorata.
Dello stesso maestro pittore catanese Abate, domina sulla volta l’affresco policromo dell’ “Apoteosi di San Martino” e la scena dei 24 vegliardi che adorano il Vivente profetizzato da S.Giovanni nell’Apocalisse, posta sulla lunetta dell’abside quadrata. Si legge il motto dei Bianchi sull’Arco, fermato al centro da uno scudo dorato. In marmi pregiati si staglia il simulacro imponente del SS.Crocifisso, posto sull’Altare maggiore.
C’è tutta una storia dunque da ammirare per poter meditare sullo spirito della Confraternita dei Bianchi, nata nel periodo della Controriforma, quando la Sicilia era parte dell’Impero Spagnolo degli Asburgo. Ne vale davvero la pena sollecitare gli Enti ed i Preposti per la riapertura della struttura e Vediamo un po’ se ce la faremo a potere offrire al visitatore tali preziosità. L’ideale potrebbe essere rappresentato dalle prossime imminenti funzioni religiose del periodo pasquale che per molti anni -cronista compreso- poterono ammirare il Giovedi Santo -durante la Visita agli Altari della Reposizione. Ci speriamo in tanti.
Piero Privitera