Nel 2018 senza vaccini fondamentali 20 milioni di bambini
Nel mondo 20 milioni di bambini, circa uno su dieci, non hanno ricevuto nel 2018 i vaccini più importanti, da quello per il tetano a quello contro il morbillo. Lo affermano le stime di Unicef e Oms pubblicate oggi, secondo cui il tasso globale di copertura è “stagnante” da dieci anni.
Dal 2010, sottolinea il documento, la copertura delle tre dosi di vaccino contro difterite, tetano e pertosse e di almeno una dose di quello contro il morbillo si è fermata intorno all’86%, una cifra “alta ma non sufficiente a garantire l’immunità di gregge”.
La maggior parte dei bimbi non vaccinati vive nei paesi a più basso reddito, con quasi metà che si trovano in 16 paesi, quasi tutti in Africa e Medio Oriente.
“I vaccini sono uno degli strumenti più importanti per prevenire le epidemie e tenere il mondo al sicuro – afferma Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms -. Nonostante la maggior parte dei bambini sia vaccinato troppi sono lasciati indietro. E’ inaccettabile, anche perchè spesso sono quelli più a rischio, i più poveri, i più emarginati, quelli coinvolti in conflitti o costretti a scappare dalle proprie case, che sono dimenticati”.
Per la prima volta quest’anno il rapporto contiene anche le cifre sulla vaccinazione contro l’Hpv. Nel 2018 novanta paesi, in cui vive un terzo delle ragazze del mondo, hanno introdotto l’immunizzazione, che protegge dal tumore cervicale, e tra questi 13 sono in paesi a basso reddito.
Uno stile di vita sano aiuta a combattere la demenza senile
Seguire un sano stile di vita può aiutare a compensare la predisposizione genetica che si può avere alla demenza senile.
A rilevarlo è una ricerca coordinata dall’Università di Exeter, pubblicata sulla rivista scientifica Jama e presentata nel corso dell’Alzheimer’s Association International Conference 2019 di Los Angeles.
Lo studio ha fatto emergere come il rischio di demenza si riduceva del 32% nelle persone che avevano un alto rischio genetico ma che arrivavano a seguire un sano stile di vita.
I partecipanti con un’alta predisposizione genetica e uno stile di vita non sano, invece, avevano quasi tre volte in più di probabilità di sviluppare la demenza rispetto a quelli con un basso rischio genetico e con uno stile di vita virtuoso.
La ricerca (che ha coinvolto anche studiosi delle Università del Michigan, di Oxford e dell’Australia meridionale) ha analizzato i dati di 196.383 persone con più di 60 anni.
Tra loro sono riusciti a identificare 1.769 casi di demenza e li hanno studiati per otto anni.
Per valutare il rischio genetico, i ricercatori hanno identificato tutti i fattori di rischio genetici noti per la loro associazione con il morbo di Alzheimer. Per valutare lo stile di vita, invece, i ricercatori hanno raggruppato i partecipanti in categorie in base alla loro dieta, alla loro attività fisica, al fumo e al consumo di alcol.(Ansa)