Sempre nuove prove del fatto che i social media possono essere utilizzati per modificare gli equilibri politici manipolando la diffusione delle informazioni.
Sapere è potere.
L’uomo sa da molto tempo che controllare l’informazione, vale a dire i dati che gli utenti usano come base per prendere una decisione, sviluppare un gusto, radicare un pregiudizio e così via, è il modo migliore per pilotare le masse e ottenere potere.
Quello che forse non si comprende appieno è come i social media, in mancanza di una regolamentazione di trasparenza e etica, possano essere uno strumento straordinariamente efficace per ottenere questo risultato con minimo sforzo e massima copertura.
In pratica, un piccolo numero di bot (creatori automatici di contenuti multimediali sui social) posizionati strategicamente possono influenzare radicalmente le scelte degli elettori indecisi.
È la stessa struttura capillare dei social media che può contribuire a spostare il voto politico dell’elettore incerto (di questi tempi i non ideologizzati sono la stragrande maggioranza) verso una scelta rispetto ad un’altra.
A studiare questo fenomeno è un gruppo di ricerca dell’università di Houston che ha pubblicato i risultati dell’indagine su la rivista Nature.
Non si tratta semplicemente di fake news, ma anche della semplice applicazione degli algoritmi social alla diffusione delle informazioni.
Per capire il fenomeno gli scienziati hanno creato un gioco elettorale che monitora il flusso di informazioni e che si basa su gruppi di dati reali, includendo discussioni politiche online. Il campione riguarda 100 esperimenti online con più di 2500 persone.
I partecipanti sono stati divisi in due squadre omogenee, che rappresentano idealmente due partiti. Il gioco ha riprodotto uno scenario reale, un social media dedicato, cioè una situazione in cui gli utenti seguono altri utenti e sono a propria volta seguiti, tenendo conto di tutte le interazioni fra loro.
Un gioco matematico che premia i partiti in base a due differenti criteri (sempre matematici). Ciascun partecipante appartenente a un gruppo può votare per il proprio partito o per l’altro; in generale è incentivato a votare per il proprio partito ma deve tenere conto anche dei voti e del comportamento degli altri membri. Il gioco, a tempo, premia i membri del partito che vince con il 60% dei voti totali e in quel caso ciascun membro guadagnerà due dollari. Se invece gli appartenenti a una fazione sono convinti che il loro gruppo non possa vincere possono anche accordarsi per votare gli avversari. In questo caso, qualora vinca il partito avversario gli sconfitti riceveranno comunque 50 centesimi ognuno. Se nessuno dei due partiti raggiunge il 60% il gioco non fornisce alcun premio.
I ricercatori hanno mostrato che le decisioni dei giocatori sono influenzate dalle informazioni ricevute tramite i social network. Se le persone sono convinte che vincerà il proprio partito non hanno alcuna convenienza a giungere a un compromesso e votare per gli altri. Se viceversa hanno qualche dubbio, saranno spinte a votare per gli avversari pur di ottenere una ricompensa, anche se più bassa, con l’idea che un premio piccolo è sempre meglio di niente.
Un gruppo può utilizzare la rete per convincere un maggior numero di membri della fazione avversa che per loro è necessario fare un compromesso, ottenendo un vantaggio enorme.
Questo fenomeno è l’information gerrymandering e il test ha mostrato che le decisioni dei partecipanti sono influenzate dai messaggi ricevuti, anche nel caso, in cui il gioco sia chiaro e in palio ci siano pochi dollari. Immaginiamoci le applicazioni sulla complessa scena politica
Bot fanatici.
Le intenzioni di voto, nel gioco ideato da un team dell’Università di Houston, in Texas, guidato dal biomatematico Alexander Stewart, erano mostrate in appositi sondaggi, ma i ricercatori hanno poi introdotto un piccolo numero di bot che rappresentano uno dei partiti, per influenzare gli elettori dall’altra parte. Questi bot, soprannominati fanatici, sono stati programmati per rifiutare il compromesso durante il gioco. Il loro effetto sul gioco è stato devastante.
Per esempio, solo alcuni “fanatici” del partito giallo sono stati messi in contatto con una maggioranza di giocatori indecisi nel partito viola, ne hanno influenzato l’opinione verso il partito giallo. Ciò si è verificato anche quando le parti erano esattamente in parità e quando ogni giocatore aveva lo stesso livello di influenza.
I legislatori e i decisori di tutto il mondo stanno discutendo su come rispondere al rischio di manipolazione digitale delle elezioni. Allo stesso tempo, i ricercatori stanno valutando attivamente fino a che punto questo rischio è reale.
L’analisi recentemente pubblicata mostra una prova della vulnerabilità dei processi decisionali collettivi, nei confronti della distorsione sistematica dei messaggi attraverso il passaggio di informazioni limitate.
Per ovviare al problema le persone dovrebbero integrare diverse fonti di informazioni quando prendono decisioni, ma cosa succede se tutte le informazioni non fluiscono liberamente e sono distorte da bot automatizzati e “opinionisti”?
Siamo veramente liberi di scegliere secondo il nostro credo,la nostra esperienza o siamo influenzati a nostra insaputa in maniera subdola da persuasori occulti.
Sappiamo che molti partiti in Italia utilizzano i social, investendo denaro, non solo per influenzare gli elettori nelle scelte politiche in tempo di elezione,ma anche nelle opinioni (immigrati,proposte di leggi etc) a favore dell’una o dell’altra coalizione.Non è tempo di una regolamentazione partendo dall’Unione Europa.
Orazio D’Antoni