recensioni a cura di Franco La Magna
Il castello nel cielo (2012) di Hayao Miyazaki
Quale fascino può ancora serbare un film del 1986 ? Eviden-temente lo stesso dell’immortalità dell’arte, della letteratura, della pittu-ra, del cinema, dell’eternità dei temi trattati.
Riproporre “Il castello nel cielo” (1986) di Hayao Miyazaki, appare oggi (salva la legittimità dell’operazione commerciale) rivisitazione non retorica dell’incipit poetico-narrativo del maestro dell’animazione nippo-nica. Pazu, orfano vitale, vede discendere dal cielo una misteriosa ragazza che porta al collo una pietra magica. Lei è la giovane Sheeta che, a sua insaputa, possiede la chiave d’accesso della leggendaria Laputa, città galleggiante nel cielo.
Apologo sul terrore del potere dittatoriale e sulle mai vinte paure (sempre latenti nello sconvolto immaginario giapponese) della distruzio-ze atomica. In contrapposizione la simbiosi uomo-natura, paradiso perdu-to ancora disperatamente raggiungibile. Le strabilianti macchine volanti (altro fetish di Miyazaki) ornano la meraviglia di un cartone old style, ma pur sempre affascinante, forse troppo ridondante, dalla durata fluviale (circa 130’), per quanto onusto d’immortali valori e affetti incrollabili. Abbastanza singolare il capovolgimento bene-male, con i torvi pirati alla fine alleati dei buoni, per battere la minaccia d’un maniacale potere assoluto e liberare la dolce Sheeta.
Il primo uomo (2012) di Gianni Amelio
Gianni Amelio-Albert Camus. Scattato il processo d’identificazione con il premio Nobel della letteratura scomparso a 47 anni, il calabrese Gianni Amelio accosta ne “Il primo uomo” (2012) l’infanzia del grande scrittore, ma torna in realtà a parlare di se stesso, immergendosi totalmente (sentimentalmente e politicamente) nell’ultimo romanzo incompiuto di Camus. Il rapporto con la madre, con il vecchio (decisivo) maestro dell’elementari, con la rigidissima nonna che infligge pene cor-porali (a suo modo bastione d’una incontaminata moralità), il duro pro-cesso d’emancipazione attraverso lo studio.
Perfetto l’equilibrio tra nostalgiche rimembranze, amore per la propria terra, impegno politico e ricostruzione storica dell’Algeri prerivo-luzionaria del 1957, ad un passo dalla decolonizzazione e dalla cacciata dei francesi.
Film di grande maturità stilistica, dove tutti gli elementi si fondono nella “mostrazione” d’una passione sussurrata e ineludibile, fisicizzata nella forza delle immagini, cui Amelio riserva un’attenzione costante-mente sorvegli.
Cast fantastico: Maya Sansa, Jacques Gamblin, Denis Podalydès, Régis Romele