I film del grande schermo

a cura di Franco La Magna

The royal weekend (2012) di Roger Michell

Tra vizi privati e pubbliche virtù i primi abbondantemente primeggiano. In questo, intelligentemente, sta probabilmente l’asso nella manica del delizioso, elegantissimo (come soltanto gli inglesi sanno fare), “The royal weekend” (2012) di Roger Michell, ovvero nell’aver rinunciato a narrare la grandezza pubblica di Franklin Delano Roosvelt, per tre volte Presidente degli Stati Uniti d’America, colto con insolita grazia nei suoi momenti d’appagamento esistenziale e sessuale, accortamente evitando (con molto stile british) sequenze osé. Il “pretesto” per l’apertura pubblica, ma anche questa (nel rispetto d’una narrazione dietro le quinte) limitata, è l’incontro di sua maestà re Giorgio VI d’Inghiterrra (detto Bertie, divenuto cinematograficamente famoso con “Il discorso del re”) e la moglie Elizabeth nel giugno del 1939 nella tenuta del presidente Roosvelt ad Hyde Park (Stato di New York), dove “l’uomo più potente del mondo” era solito ritirarsi a ristorar le pene. Straordinari e divertenti alcuni momenti della narrazione: il percorso in auto, l’arrivo a destinazione e soprattutto l’agitata notte insonne post-cena dei reali d’Inghilterra (nascosti dietro la finestra dalla camera da letto a spiare movimenti sospetti) e dello stesso Roosvelt, pencolante tra due amanti: la segretaria privata e la cugina Daisy, che proprio durante la nottata scopre la doppia relazione di Franklin, da tempo sessualmente lontano dalla moglie. Sottotraccia il vero motivo della visita: la richiesta da parte dell’Inghilterra dell’intervento militare americano in Europa (effettivamente avvenuto nel 1942) che capovolse le sorti del secondo conflitto mondiale, provocato dalla megalomania distruttrice di Adolf Hitler, seguito da quella del dittatore nostrano, Sua Eccellenza il Duce del fascismo. Singolare il tacito assenso di Roosvelt all’intervento, avvenuto durante il prima aborrito (dalla regina) pic-nic a base di hot-dog, organizzato alla presenza della stampa. Tratto dai diari della cugina-amante Daisy Suckley, che stette accanto al Presidente (sempre più infermo, perché già da anni privo dell’uso degli arti inferiori e costretto su una sedia a rotelle, ma a quanto pare onusto d’amanti) fino alla morte nel 1945. Cast in stato di grazia per una recitazione da manuale.

Interpreti: Bill Murray – Laura LinneyOlivia WilliamsElizabeth MarvelSam CreedBlake RitsonSamuel WestElizabeth WilsonEleanor BronMartin McDougallJonathan Brewer Beckmann

 

Django (2012) di Quentin Tarantino

Mancava, all’ultraosannato regista-prodigio del Tennesse Quentin Tarantino, lo spaghetti-western tanto in voga in Italia negli anni ’60, che l’ex-commesso-genio – copiosamente attingendo dagli ormai cult b-movies – trasforma (non gli fa difetto l’inventiva) in pulp  (per quanto in verità allo sfracello finale, spruzzato da fiumi di plasma, si approda soltanto – per la gioia dei fans – nella lunga sequenza conclusiva). Il  truculento “Django” (2012), che poco o nulla attinge dall’italiano di Sergio Corbucci con Franco Nero bara al seguito (qui, noblesse oblige, in un quasi cameo), ne colma il vuoto, con tanto di strabocchevoli citazioni cinefile, molto stile anni ’90, ironia e nera comicità, qua e la divertente e irriverente. Ma vera molla della vendetta del disprezzato schiavo negro Django (liberato da un tedesco, ex dentista e ora spietato gentleman cacciatore di taglie) è l’amore per bella perduta, in mano a turpi possidenti bianchi criminali, circondati da nere amanti e nere mignotte in minigonna, che godono sadicamente ammazzando e facendo ammazzare. Sicché tutto si trasforma, stile Tarantino docet, in un inno contro la schiavitù e la “diversità” (molto in linea con Obama), pagine vergognose – ahimè non da sole  – della storia criminale della prima nazione del mondo.

Interpreti:  Leonardo DiCaprioKerry WashingtonSamuel L. JacksonSacha Baron CohenKurt RussellChristoph WaltzJamie FoxxDon JohnsonJames RemarWalton Goggins RZA (Robert Fitzgerald Diggs) Gerald McRaneyAnthony LaPagliaJames Russo. Tarantino ritaglia per se una particina.

 

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