Report della XVI Indagine di AlmaLaurea

almalureaRenzi e il suo “Jobs Act” dovranno ancora faticare per trovare l’alchimia perfetta per una riforma del lavoro che dia slancio all’occupazione. Nel frattempo, però, i dati in questo campo sono drammatici, soprattutto tra i giovani, laureati e non. E’ da poco uscito il report della XVI indagine 2014 di Almalaurea, consorzio che fa riferimento a 64 atenei d’Italia, sull’occupazione  post-laurea dei vari ex studenti. Un report impietoso che segna, come si suol dire, il cammino irto che una prossima riforma del lavoro dovrà fare. Sì, perché, se già i laureati, specializzati nei vari campi, fanno fatica a trovare un lavoro, c’è solo da immaginarsi quali siano gli ulteriori problemi per coloro (in aumento, secondo altri dati) che non scelgono di continuare gli studi. Ma focalizziamoci sul report di Almalaurea.

Il primo dato sconfortante viene dall’opzione “Occupazione ad un anno dalla laurea”. Se il dato, riferito a coloro che hanno conseguito una laurea nel 2012, rimane alto (61,7% per i “triennalisti”, 55,2% per coloro che hanno anche la “magistrale”), è stridente il netto crollo rispetto agli anni precedenti: solo nel 2009 i “triennalisti” impiegati erano il 71,4%, gli “specialisti” il 56,7%. E andando ancora più indietro, si scopre che addirittura il dato degli impiegati “triennalisti” era di 77,8% nel 2007!

Migliore, ovviamente, il dato di coloro che hanno trovato un lavoro a 3 anni dal titolo di studio. Ma anche qui vi è un netto calo rispetto agli anni passati: i laureati lavoranti di primo livello sono passati dai 91,2% del 2005, ai 78,7% dei graduati nel 2010; regge invece il confronto tra coloro che hanno ottenuto una magistrale nel 2007 e nel 2010 (75,4% contro gli attuali 72,9%). In calo anche i dati dell’occupazione dei laureati a 5 anni dal titolo, anche se con distacchi di confronto di qualche punto percentuale.

Ma da quali facoltà escono i più “fortunati” laureati? Considerando il dato degli occupati a cinque anni dalla laurea, ovvero quello più positivo, i graduati di primo livello di sesso maschile che primeggiano sono gli psicologi. Seguono i laureati in ambito scientifico e gli ingegneri; si fatica invece tra i laureati in lingue, in lettere e in biologia. Tra le donne, invece, a primeggiare sono coloro che hanno una laurea in professioni sanitarie; ultima la laurea letteraria, seguita da quella agraria. Cambia un po’ la classifica tra coloro che possiedono anche una magistrale: tra gli uomini primeggiano i medici e gli ingegneri e arrancano i biologi e i letterari, tra le donne in testa sempre i medici ma con le laureate in economia, mentre fanno fatica le graduate in biologia e chimica. In generale, gli uomini laureati occupati “battono” le donne di almeno 6 punti percentuali.

E quanto guadagnano i nostri laureati occupati? Sempre facendo riferimento alla voce “lavoratori a 5 anni dalla laurea”, i dati risultano essere alti, ma sono trascinati da un valore che spiegheremo più avanti. 1559 euro è lo stipendio medio dichiarato nel settore pubblico, 1474 euro nel privato. Ma, come detto, il dato è trascinato da coloro che hanno trovato un impiego fuori dall’Italia, i quali dichiarano uno stipendio mensile di ben 2.137 euro. 1.385 euro si guadagna al Nord, 1.319 al Centro e solo 1.150 di media nel nostro Sud. I guadagni maggiori si fanno nell’area dell’elettronica e della meccanica di precisione, quelli minori nei servizi ricreativi e nel sociale.

E infine, in quale area geografica si trova maggiormente il lavoro? Tiene il “mito” del Nord, anche se avanza prepotentemente l’estero. Al Sud solo il 45% dichiara di lavorare nella propria aria di residenza; il 33% dichiara di essersi trasferito per lavoro al Centro e al Nord, con circa il 20% che ha conseguito anche la laurea in atenei non del meridione. Altro dato allarmante è il 37,7% di coloro che, provenienti da ogni area italiana, dichiarano di essere andati  all’estero per mancanza di opportunità nel Belpaese.

Dati, è bene dirlo non tutti riportati in questo articolo, ma che comunque rendono l’idea su quanto irta sia la strada per la riforma del lavoro.

Diego Vitale

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